Gentili lettori ed amici del BAICR,

di seguito il primo racconto dell’esperienza itinerante che il nostro Presidente, il Prof. Fumagalli, sta vivendo proprio in questi giorni in Argentina e in Uruguay.

Vivaci, complessi, latini, questi due Paesi sono eccezionali terreni di ricerca nell’ambito culturale e rurale, particolarmente idonei a recepire il marketing simbiotico, nuovo paradigma fondato sull’individuazione delle nichhie e delle comunità di riferimento, finalizzato alla creazione di relazioni dirette tra produttore e consumatore in linea con il nuovo concetto di prosumer.

Buona lettura!

 

Io e mia moglie Silvia siamo partiti da Milano Linate, tutto secondo i piani, dopo aver utilizzato il servizio di Car Sharing. Check in senza problemi e senza alcuna coda. Arrivati a Fiumicino, con a disposizione un intervallo di un’ora abbondante, siamo riusciti a far visita agli amici della lounge di Plaza Premium che abbiamo aiutato a insediarsi a Roma. Qualità eccellente dell’ospitalità e del cibo. La gentilezza è il miglior connubio tra quella cinese e quella italiana. Si sa: siamo molto di parte.

Poi l’imbarco e finalmente il grande balzo e dopo 13.30 di volo eccoci a Buenos Aires. Purtroppo, non abbiamo visto nulla dei paesaggi sorvolati, eravamo nelle file centrali ed era prevalentemente notte. Nessuna emozione esotica, nulla di significativo da ricordare. Un lungo viaggio con un buon servizio a bordo nonostante la classe turistica. Viaggio regolare con la nostra Alitalia.

L’aeroporto di Ezeiza è molto bello ed efficiente e prendere un taxi risulta veramente molto comodo e senza alcuna ansia. La corsa si paga in anticipo ad un chiosco dedicato, con una insegna facilmente individuabile poco dopo il controllo dei passaporti.

Finalmente possiamo calpestare il suolo argentino, mi verrebbe voglia di cantare qualcosa come don’t cry for me Argentina, che da bambino ho sentito intonare tante volte da mia madre ormai quasi centenaria. Per rispetto all’umanità, al taxista e a Silvia, evito.

La campagna è bella ma molto ordinaria, sembra di essere intorno a Luton o a Francoforte. La periferia della città non è certo una bellezza ma neppure particolarmente disordinata, un poco disadorna non genera emozioni forti. Così arriviamo nella nostra via, Amenabar 933, nel quartiere Collegiales, tra Belgrano e Palermo. Quartiere residenziale, verde, case borghesi, piuttosto eleganti, vicino i parchi di Belgrano che visiteremo già nel pomeriggio. Non riusciamo ad accedere a piedi alla Avenida Rafael Obligado Costanera, la via costiera lungo il golfo del Rio de la Plata, che non abbiamo ancora visto. A piedi però passiamo per i meravigliosi parchi di Palermo. Non illudetevi, non c’è relazione con la nostra città e con i nostri concittadini immigrati, il quartiere si chiama così dal nome di un personaggio importante per lo sviluppo della città di origine spagnola.

Mi avevano detto, sulle guide se ne parla spesso, che molti quartieri sono piuttosto pericolosi sia per scippi e borseggi sia per altre vicende ancor meno piacevoli. Non vorrei sfidare la sorte ma mi sembra tutto molto semplice, ordinato e allineato agli standard della società contemporanea. Mi sento subito a casa e forse Prati o Trieste (quartieri romani) sono più disordinati di Palermo o Recoleta. Il mio San Lorenzo probabilmente è meno chiassoso ma non meno disordinato di San Telmo durante il mercato della domenica. Si sente il respiro quieto di una grande città europea.

Qui i servizi pubblici di trasporto cittadino sono regolati esclusivamente da una tessera magnetica. Niente più biglietti o altri sistemi. Costo del servizio incredibilmente contenuto. Non mi aspetto che sia il frutto dell’efficienza maggiore, forse è frutto solo di un grande accollo di spesa da parte dello Stato.

Saltando subito ai nostri interessi, la società Porteña ci sembra piuttosto equilibrata e molto medio borghese. Non abbiamo visto per ora le vere periferie e le campagne, non ci sembra però che le differenze sociali siano più acute che a Roma o Milano.  Siamo agli antipodi e tutto sembra molto domestico, normale. L’Italia è molto presente ma sottotraccia, nulla di particolarmente chiassoso o pittoresco.

La moda si intuisce meno pressante, siamo ancora nei nostri anni ’80 oppure è il frutto di una cultura postmoderna meno condizionata da regole non scritte molto vincolanti e forse un po’ provinciali come in Italia? I brand non sono così forti come da noi, mi dispiace per gli influencer ma qui sembra che una maglietta bianca non abbia bisogno di essere resa interessante da una qualche targhetta, non credo che le persone e anche i giovani prestino troppa attenzione ai fashion blogger. Abbiamo visto ancora poco ma camminando ci siamo imbattuti nel museo dedicato ad Evita. Molti giovani a visitarlo, molto attenti a leggere del diritto di voto alle donne, ai temi della giustizia sociale e della parità delle razze. I descamisados di oggi, sembrano dei bravi socialdemocratici piuttosto quieti, molti di origine nativa e molti di ognuna delle comunità europee che hanno colonizzato il continente. Anche qui non mi sono sentito di canticchiare quella vecchia e fascinosa canzone.

In un negozietto di San Telmo ho incominciato a familiarizzare con il negoziante, già tecnico di una azienda meccanica, chef in Inghilterra e proprietario di una piccola ma simpatica boutique. Direi figlio della contemporaneità. Mi chiede cosa ci faccia a Buenos Aires e quando gli parlo dell’INSOR mi chiede in modo diretto se esista una differenza tra le persone che vivono in Città e quelli che vivono in Campagna. Non capisce bene cosa voglia dire società rurale. Forse pensa che in Italia ci possano essere differenze, invece in Argentina la cultura è quella cittadina che si diffonde dappertutto. Suo fratello è un imprenditore agricolo e non gli sembra che vi siano differenze tra di loro. Lui stesso ha lavorato molto in agricoltura ma in modo intermittente. Non è sicuro di quanto sostiene e incomincia a interrogarmi e a interrogarsi. Che strano, mi sembra di tornare ragazzo, quando era normale parlare anche da noi di temi sociali e politici. Ci scambiamo gli indirizzi mail perché è rimasto colpito dai temi del marketing simbiotico e vuole capire cosa possa voler dire per uno che vive lontano da tutto.

Più avanti un piccolo gruppo, credo molto di sinistra, sta dibattendo per strada, devono essere comunque dei peronisti, non capisco bene lo spagnolo, ma ne hanno fatto più volte cenno. Saranno quaranta, non di più, credo di capire che stiano dicendo che per Macrì l’Argentina non ha più di trenta milioni di abitanti, gli altri sarebbero solo spazzatura.

Dappertutto si vedono riferimenti storici, vecchi edifici piuttosto diroccati, altri pienamente contemporanei, edifici vetro e cemento, destinati a istituzioni di indirizzo cooperativo, società di mutuo soccorso piuttosto che cooperative di credito. Mi chiedo se siano rimasti solo i nomi o se esista realmente una società economica ancora legata alla condivisone sociale. Se ora mi chiedessero di scommettere, direi il contrario ma forse esistono ancora istituzioni solidaristiche che non si siano del tutto istituzionalizzate o burocratizzate.

Capitalismo renano, marxismo austriaco, socialdemocrazia emiliano-romagnola? Alla televisione nei dibattiti il Peronismo sembra ancora molto presente. Sono ancora molto poco argentino per capire se si tratta di folklore, di derive populiste o di realtà ancora dinamiche. Il precedente governo, di indirizzo peronista, non sembra però avere avuto molti meriti e la crisi attuale mi sembra meno violenta di quanto appaia sui media Europei.

Mi sembra che gli edifici abbandonati lo siano da parecchio tempo e non il frutto di vicende recentissime, mi sembra invece una società quieta che sta lavorando con calma per riordinarsi in modo profondo.

Chissà se domani, per chiarire che non avevo capito proprio nulla, mi troverò in mezzo ad un corteo o a una adunata in Plaza de Mayo con centinaia di migliaia di manifestanti.

Non ci siamo dedicati a degustazioni ricercate, non siamo stati però neppure nei fast food. Il cibo comunque ci è sembrato sempre buono, la carne ottima (ed e solo una conferma abbastanza scontata) e i prezzi, causa l’inflazione, buoni, piuttosto buoni ma non regalati.

I prodotti alimentari nei supermercati ci sono apparsi quasi sempre mediocri e molto orientati in modo nord americano, pochi realmente freschi e di qualità. Non così la frutta, molto bella e gustosa. Sembra che la coltura orticola sia più ricca di quanto ci aspettassimo. I prodotti del Made in Italy? Per ora non ne abbiamo registrato la presenza. I tanti marchi storici italiani sostengono produzioni del tutto locali e in molti casi non sono sicuro che esistano ancora legami con gli operatori originali, che in alcuni casi in Italia non esistono più. Alcuni però mantengono una vitalità sorprendente e i legami sono ancora forti, la produzione però è comunque locale.

Abbiamo camminato parecchio, in un giorno e mezzo dal conta passi abbiamo registrato quasi trenta chilometri. Frutto della voglia di immergerci nella città ma anche di un tessuto urbano molto accogliente.

Dappertutto tante biciclette in condivisione gratuita, sono molto simili a quelle italiane, la sharing economy anche qui si muove veloce.

Come indicato nel titolo, ci sembra confermato che le differenze tra i sistemi siano poco condizionate dalla distanza fisica ma molto di più dalle dimensioni culturali e da quelle politiche e sociali. Damasco o Algeri sembrano molto più lontane della lontanissima Buenos Aires.