Il Master in Internet of Humans and Things pone al centro della riflessione alcuni importanti interrogativi relativi all’introduzione e alla gestione delle tecnologie nella fruizione dei beni culturali.

Spesso, pensando all’impiego delle tecnologie nel mondo dei beni culturali, si pone l’attenzione prevalentemente sui percorsi espositivi, dimenticando la necessità di considerare l’intero ciclo di vita del bene.

In un recente commento, il prof. Fumagalli, coordinatore didattico del Master, si chiedeva:

Quante volte si considera già dalla fase di progettazione quanto incideranno i costi di manutenzione di soluzioni sviluppate in modo troppo artigianale? Il successo di un museo è legato solo al numero di biglietti venduti? Come si può misurare la capacità di un bene culturale collettivo di contribuire al capitale sociale del territorio e delle comunità di riferimento?

 

 

 

Di seguito proponiamo con piacere alcune considerazioni fatte da un gruppo di lavoro (Mu.Com) degli studenti partecipanti del Master, riprese dal documento conclusivo del project work portato avanti all’interno del Museo Storico della Comunicazione.

In questi paragrafi rispondono ad alcune delle domande poste qui sopra e offrono alla nostra riflessione la loro visione sul rapporto tra tecnologia e beni culturali.

Oltre a testimoniarci i significativi risultati professionali conseguiti durante il percorso formativo.

Le trasformazioni in atto sono culturali prima che tecnologiche e sono trasformazioni che occorre imparare a governare, consapevoli della fusione ontologica in atto tra i diversi media (immagini, testi scritti, suoni, esperienza tattile e loro reciproche combinazioni) in un ambiente dove individui e gruppi possono “naturalmente” produrre e distribuire rappresentazioni dell’esperienza museale. Il museo, sia quello fisico che quello virtuale, resterà un “luogo” dove il patrimonio viene esposto, studiato, condiviso – con una pluralità di modelli (dai musei istituzionali aperti, ai musei di community di appassionati o di esperti) – e comunicato – non solo dagli specialisti ma anche dal proprio pubblico che condivide e co-crea contenuti. […]

La sfida da cogliere non è quella dell’accesso ai patrimoni, della partecipazione e della ricercabilità entro grandi masse di dati, ma è quella di condividere il patrimonio. Si pensa pertanto ad un’estensione, anche sociale, del ruolo e della pratica [del museo] che deve diventare […] ibrido: strumento di ricerca, luogo di esperienza, luogo di lavoro e di intrattenimento. E in questa direzione e possibile anche tradurlo in spazi reali riutilizzabili […].

Il Master in “Internet of Humans and Things” ha fatto incontrare un gruppo di persone con esperienze di studio e di lavoro piuttosto eterogenee. Le tipologie di studio dalle quali proveniamo potevano sembrare in alcuni casi molto distanti ma nella realtà questo non è accaduto. Questa eterogeneità di saperi e di esperienze, se nelle fasi iniziali ha costituito un lieve handicap dal punto di vista comunicativo, successivamente ha invece consentito di arricchire la preparazione di ciascuno di noi ed ha dato vita ad un progetto finale che speriamo possa contenere validi suggerimenti per consentire il rilancio di due musei certamente meritevoli di maggior attenzione [il Museo Storico della Comunicazione del MISE e il Museo Civico “Khaled al-Asaad” d’Aquino].

Le lezioni alle quali mensilmente abbiamo partecipato e le prove che abbiamo sostenuto nel corso del Master, ci hanno formato in modo multidisciplinare e lo scambio di idee si è rivelato in alcuni frangenti assolutamente inaspettato. Pensiamo sia stato senz’altro un periodo di profondo apprendimento per tutti noi, non solo a livello scientifico, ma anche personale. In effetti, parlandone tra di noi, siamo giunti alla conclusione che avremmo partecipato volentieri ad ulteriori lezioni in presenza. Il brainstorming, venutosi a creare in alcune di esse, è stato probabilmente l’aspetto più affascinante del Master. D’altra parte, i docenti dell’Università di Tor Vergata e del Baicr che lo hanno creato e tenuto sono altamente qualificati dal punto di vista didattico e scientifico. A loro vanno i nostri più sentiti ringraziamenti perché senza il loro costante supporto questo lavoro non avrebbe potuto essere portato a termine”.